LA CAMERA AZZURRA A CURA DI JOY

«La camera era azzurra, di un azzurro – aveva notato un giorno – simile a quello della liscivia. Un azzurro che lo riportava all’infanzia […]»



Titolo: La camera azzurra
Autore: Georges Simenon
Casa editrice: Adelphi

La camera azzurra è uno dei libri più conosciuti e più amati dell’indiscutibile opera di Georges Simenon. Personalmente è il primo romanzo che leggo di Simenon ed è davvero un piccolo grande gioiello come affermano in molti. C’è chi, come Mario Fortunato, lo ha definito così bello da essere “quasi insopportabile”, da risultare addirittura fastidioso.
Provo a farvi capire perché, anche se il miglior modo per comprenderlo davvero sarebbe leggerlo. Dopotutto è un testo breve, che si legge in poco tempo e con molta curiosità. Scivola via senza fatica, ma è davvero pieno e potente.
Siamo in Francia, in un paesino di provincia, e la storia ruota intorno a un unico fulcro che è la passionale e travolgente relazione extraconiugale tra Tony Falcone e Andrée. L’inizio li vede entrambi in una stanza d’albergo, all’Hotel des Voyageurs, dove si incontrano di nascosto da quasi un anno, nella solita camera azzurra diventata il loro nido d’amore, lontano da occhi indiscreti.
A spezzare questa scena e l’intera narrazione ci sono le domande dei continui interrogatori a cui è sottoposto Tony. Perché è lì? Cos’ha fatto per essere arrestato? Cosa succederà? È davvero colpevole? Cosa vogliono da lui? I dubbi crescono con l’avanzare delle pagine.
Simenon porta avanti due piani paralleli dove i fatti non vengono raccontati in maniera cronologica, ma con ripetuti flashback e anticipazioni, omettendo anche di raccontarli certi avvenimenti. La trama si svela a poco a poco, eppure buona parte resta nell’ombra. Molto è lasciato infatti all’intuizione del lettore, alla sua curiosità e perspicacia. Quando iniziamo a leggere il libro scopriamo che tutto è già accaduto, resta solo da capire cosa.
Quello che salta subito all’occhio è la potenza della storia e del modo di raccontarla, è un ricorrente intreccio di piani temporali. Simenon gioca su quello. Ritorna ciclicamente al punto di partenza, che forse è il punto di svolta o non ritorno, probabilmente il punto di arrivo, prima della deriva. Torna a quel tardo pomeriggio del 2 agosto. In quella stanza, azzurra. Vuota, ma piena di loro. Lui e lei. Lei e lui. E da lì si torna indietro o si va avanti a ripercorrere azioni, momenti, pensieri.


Da una fatidica domanda e da una risposta buttata lì, a caso, parte tutto:
«Ti piacerebbe passare con me il resto della tua vita?»
«Certo!»
E ancora:
«Rispondimi seriamente, Tony… Se io mi ritrovassi libera…?» […]
«Faresti in modo di renderti libero anche tu?»


Qual è la verità in questo libro? È quella che lascia intendere Simenon? È forse un’altra? Il lettore non è del tutto convinto. O almeno io non lo sono stata e non lo sono neanche ora. Si tratta di un finale aperto? Cosa resta in sospeso? Ognuno può interpretarla a suo modo, nonostante sia tutto quasi scontato e chiaro, da apparire del tutto naturale.
Sicuramente Tony è un personaggio passivo, a differenza di Andrée che è invece una figura attiva. Una donna energica, ma fin troppo istintiva, divorata dall’ossessione per il suo amante. La trama si intuisce pagina dopo pagina, è inizialmente abbozzata e prende forma prima nella nostra testa poi nel libro. Grande pregio di Simenon è la sua prosa magistrale e la sua maestria nel creare e orchestrare tutta la storia in un testo così breve. È condensata in poco spazio, ma è davvero intensa. Tutto questo è reso possibile grazie all’eccezionale caratterizzazione introspettiva dei personaggi, a volte quasi angosciante. L’analisi psicologica è il motore dell’azione dal principio alla fine.
Simenon sa catturare l’attenzione del lettore, guidandone la mente dove vuole lui.
Ho notato che la maggior parte dei passaggi che ho sottolineato riguarda delle domande, domande del discorso in terza persona che però traducono il pensiero del protagonista Tony, come se fossero partorite dalla sua mente, o domande prese dai dialoghi tra i vari personaggi. E questa curiosità mi fa pensare al fatto che tutto o quasi tutto il libro ruoti intorno al dubbio, alla ricerca di una verità che non è poi così ovvia come sembra e come vuole farci credere l’autore. Perché la vita è così, non abbiamo quasi mai certezze, né riusciamo mai davvero a capire chi siamo, cosa proviamo e perché agiamo in certi modi piuttosto che in altri.
Il suo romanzo è una continua riflessione sulla vita, sui suoi ingranaggi misteriosi, sulle sue ombre, sui suoi enigmi continui, sulle incomprensioni, sulle altalene di sentimenti.


«Com’è diversa la vita nel momento in cui la si vive e quando la si analizza a distanza di tempo! Turbato dai sentimenti che gli venivano attribuiti, Tony era arrivato al punto di non saper più distinguere il vero dal falso, il bene dal male.»


Tony è colpevole? È innocente? È stato manipolato e raggirato? La rabbia che può provare il lettore e quella che io, in prima persona, ho sentito leggendo, così come la frustrazione del non capire né avere certezza di ciò che è accaduto, è soprattutto dovuta a questa apatia e remissione di Tony, indifferente, inespressivo, un uomo che non sa dire né esprimere quello che prova realmente. È confuso, rassegnato, inerme. Si sente colpevole, nonostante forse non lo sia stato materialmente e sia stato travolto da un susseguirsi di eventi più o meno prevedibili ed evitabili. O allora è stato bravo a raggirare tutti con questo suo sottomettersi alle circostanze. Sono quasi sempre stati gli altri a guidare il gioco e a prendere le decisioni per lui. Oppure no? Non voglio credere sia stato così malvagio da far credere a tutti il contrario. Da fingere di essere così ingenuo mascherando un lato a dir poco meschino. Lui che vive senza chiedersi nulla, senza cercare di capire, senza aspettarsi niente, neanche che la vita fosse così complicata. Un uomo che non sa nemmeno parlare con la moglie, né dirle che la ama, il cui problema più grande è non saper esternare le sue emozioni, neanche a se stesso.
Se da un lato abbiamo Tony e Andrée, dall’altro ci sono in lontananza la moglie di lui Gisèle e il marito di lei Nicolas. Discreta lei, malato lui. Entrambi due figure deboli, ma che in realtà sanno dimostrarsi molto più forti dei loro coniugi, perché sicuramente più consapevoli. Come si dipana la matassa si può facilmente intuire, ma resta a voi scoprirlo.
Non posso che consigliarvi questo libro, che siate in un momento felice o in un periodo di blocco del lettore. Saprà farvi compagnia nella maniera giusta. Che lo si voglia considerare un giallo o meno, il punto non è indovinare l’assassino, ma capire i pensieri dei vari personaggi, coglierne le sfumature e decidere da che parte stare. È un romanzo che vi farà interrogare sul vero senso delle parole e su quanto possano o meno influenzare le vicende e i ricordi.


«Le parole non avevano più senso. E invece era proprio di questo che continuavano a occuparsi tutti con una solennità ridicola: di cose che non esistevano, di un uomo che esisteva ancor meno.»


Jessica, joy_in_the_deep

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